Quali strategie andrebbero attivate davanti alla realtà dell'infanzia in stato di abbandono? E l'adozione nazionale e internazionale che ruolo ha?

In un mondo, quale è quello di quest'inizio di secolo, in cui è sempre più grande il divario fra paesi ricchi e paesi poveri, in cui il terzo mondo diventa ormai il quarto mondo, purtroppo chi fa le spese maggiori di quest'enorme divario, che pare davvero essere incolmabile per quanto è profondo e radicato, sono i bambini. Bambini trascurati, bambini anche amati da genitori che però non hanno i mezzi per sottrarli alla denutrizione, bambini abbandonati e bambini che vivono una condizione anche peggiore dell'abbandono: lo sfruttamento.

Dal rapporto UNICEF "La Condizione dell'infanzia nel mondo 2006 - Esclusi e invisibili": "Questi bambini sono vittime di una quotidiana emergenza dimenticata, invisibile anche se si consuma sotto gli occhi del mondo: 50 milioni di piccoli che non vengono neppure registrati all'anagrafe, con la conseguente esclusione da ogni forma di controllo e di assistenza, 171 milioni di bambini impiegati in lavori ad alto rischio, 2 milioni sfruttati dall'industria del sesso, oltre 100 milioni che non hanno mai visto un'aula scolastica, centinaia di migliaia di vittime di catastrofi naturali o guerre sconosciute (...)".

Dei due miliardi di bambini ed adolescenti (da 0 a 18 anni) che ci sono nel mondo, nove su dieci, l'87%, vivono nei paesi in via di sviluppo (ma quale sviluppo? non sarà eccessivamente utopistico ed anche un po' semplicistico chiamarli ancora così?)
Insomma, una tale emergenza che, sinceramente, pare davvero ridicolo sperare di voler affrontare proponendo per Natale l'acquisto di biglietti di auguri o un sostegno a distanza o raccogliendo qualche moneta tra i passeggeri degli aerei. Con tutta la buona volontà non è un problema che si può risolvere in maniera seria affidandosi al buon cuore di pochi, ma è una vera e propria emergenza che deve essere affrontata dai governi e dalle loro organizzazioni (Comunità Europea, Onu, etc) in maniera concreta e fattiva, magari cominciando a combattere lo sfruttamento, spesso messo in atto proprio da aziende di paesi leader! A nulla è servito elaborare la giustissima Convenzione sui diritti dell'infanzia se non si fa nulla, in concreto, perché diventi un impegno reale e concreto.

L'adozione internazionale è uno strumento formidabile per strappare alcuni di questi bambini alla malnutrizione, all'abbandono, alla disperazione, nel permettere ad alcuni bambini di avere una famiglia, cosa ancora più importante del poter nutrirsi correttamente, studiare, crescere sani. Sicuramente è uno strumento che va incoraggiato, semplificato, sostenuto ma certamente non può essere il rimedio per risolvere un problema di tale immensa portata, così come non è un rimedio per i tanti adulti disperati che arrivano con ogni mezzo nei paesi ricchi nella speranza di trovare lavoro, una vita migliore. Adulti e bambini hanno il diritto di essere aiutati a lavorare e a crescere nel loro paese, nella loro cultura, laddove hanno le loro radici. D'altronde è questo lo spirito della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993 e della legge italiana: il principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale: l'adozione deve essere l'ultima strada da percorrere per aiutare un bambino, l'adozione internazionale deve potersi realizzare quando non ci sia stata la possibilità di aiutare il bambino all'interno della propria famiglia e del proprio paese di origine.

Nello stesso tempo, è indispensabile aumentare la cultura sull'adozione, soprattutto internazionale. Quanti pregiudizi, quanti luoghi comuni ancora sono diffusi! Ce ne siamo rese conto occupandoci della problematica della procreazione assistita: con quanta faciloneria si propone di adottare a chi ha difficoltà a concepire, sia da parte della gente comune, che dello stesso legislatore (ricordiamo che la legge 40 affida al ginecologo il compito di informare la coppia infertile della possibilità di adottare!!!), con quanta superficialità si ritiene che ogni coppia possa essere pronta, matura, capace di affrontare il percorso adottivo o si pensa che l'adozione si riduca nel desiderio di due persone di avere un bambino e non invece la profonda convinzione di voler offrire a un bambino solo una famiglia!

Quali strategie andrebbero attivate davanti alla realtà dell'infanzia in stato di abbandono? E l'adozione nazionale e internazionale che ruolo ha?

In un mondo, quale è quello di quest'inizio di secolo, in cui è sempre più grande il divario fra paesi ricchi e paesi poveri, in cui il terzo mondo diventa ormai il quarto mondo, purtroppo chi fa le spese maggiori di quest'enorme divario, che pare davvero essere incolmabile per quanto è profondo e radicato, sono i bambini. Bambini trascurati, bambini anche amati da genitori che però non hanno i mezzi per sottrarli alla denutrizione, bambini abbandonati e bambini che vivono una condizione anche peggiore dell'abbandono: lo sfruttamento.

Dal rapporto UNICEF "La Condizione dell'infanzia nel mondo 2006 - Esclusi e invisibili": "Questi bambini sono vittime di una quotidiana emergenza dimenticata, invisibile anche se si consuma sotto gli occhi del mondo: 50 milioni di piccoli che non vengono neppure registrati all'anagrafe, con la conseguente esclusione da ogni forma di controllo e di assistenza, 171 milioni di bambini impiegati in lavori ad alto rischio, 2 milioni sfruttati dall'industria del sesso, oltre 100 milioni che non hanno mai visto un'aula scolastica, centinaia di migliaia di vittime di catastrofi naturali o guerre sconosciute (...)".

Dei due miliardi di bambini ed adolescenti (da 0 a 18 anni) che ci sono nel mondo, nove su dieci, l'87%, vivono nei paesi in via di sviluppo (ma quale sviluppo? non sarà eccessivamente utopistico ed anche un po' semplicistico chiamarli ancora così?)
Insomma, una tale emergenza che, sinceramente, pare davvero ridicolo sperare di voler affrontare proponendo per Natale l'acquisto di biglietti di auguri o un sostegno a distanza o raccogliendo qualche moneta tra i passeggeri degli aerei. Con tutta la buona volontà non è un problema che si può risolvere in maniera seria affidandosi al buon cuore di pochi, ma è una vera e propria emergenza che deve essere affrontata dai governi e dalle loro organizzazioni (Comunità Europea, Onu, etc) in maniera concreta e fattiva, magari cominciando a combattere lo sfruttamento, spesso messo in atto proprio da aziende di paesi leader! A nulla è servito elaborare la giustissima Convenzione sui diritti dell'infanzia se non si fa nulla, in concreto, perché diventi un impegno reale e concreto.

L'adozione internazionale è uno strumento formidabile per strappare alcuni di questi bambini alla malnutrizione, all'abbandono, alla disperazione, nel permettere ad alcuni bambini di avere una famiglia, cosa ancora più importante del poter nutrirsi correttamente, studiare, crescere sani. Sicuramente è uno strumento che va incoraggiato, semplificato, sostenuto ma certamente non può essere il rimedio per risolvere un problema di tale immensa portata, così come non è un rimedio per i tanti adulti disperati che arrivano con ogni mezzo nei paesi ricchi nella speranza di trovare lavoro, una vita migliore. Adulti e bambini hanno il diritto di essere aiutati a lavorare e a crescere nel loro paese, nella loro cultura, laddove hanno le loro radici. D'altronde è questo lo spirito della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993 e della legge italiana: il principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale: l'adozione deve essere l'ultima strada da percorrere per aiutare un bambino, l'adozione internazionale deve potersi realizzare quando non ci sia stata la possibilità di aiutare il bambino all'interno della propria famiglia e del proprio paese di origine.

Nello stesso tempo, è indispensabile aumentare la cultura sull'adozione, soprattutto internazionale. Quanti pregiudizi, quanti luoghi comuni ancora sono diffusi! Ce ne siamo rese conto occupandoci della problematica della procreazione assistita: con quanta faciloneria si propone di adottare a chi ha difficoltà a concepire, sia da parte della gente comune, che dello stesso legislatore (ricordiamo che la legge 40 affida al ginecologo il compito di informare la coppia infertile della possibilità di adottare!!!), con quanta superficialità si ritiene che ogni coppia possa essere pronta, matura, capace di affrontare il percorso adottivo o si pensa che l'adozione si riduca nel desiderio di due persone di avere un bambino e non invece la profonda convinzione di voler offrire a un bambino solo una famiglia!